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Il saggio, oltre alle notizie sulla famiglia di origine calabro-albanese, ripercorre la biografia intellettuale di Gramsci; ne ricerca la formazione culturale giovanile, rinvenendola in autori come Giovan Battista Vico, Novalis, Francesco De Sanctis, Antonio Labriola, negli esponenti del neoidealismo italiano, Benedetto Croce e Giovanni Gentile, nella Voce di Giuseppe Prezzolini e nell'Unità di Gaetano Salvemini. Di derivazione neoidealista è sicuramente la concezione gramsciana dell'uomo considerato nella sua attività spirituale come creatore della storia. Ma l'idealismo è riportato e applicato all'anima popolare come strumento di formazione di una nuova cultura, del rinnovamento intellettuale e morale della società e di una nuova concezione, laica e scientifica, della vita e del mondo. In tale prospettiva, Gramsci concepisce il suo progetto di rinnovamento radicale, in opposizione e superamento della cultura borghese, impersonata dal pensiero e dall'opera di B. Croce, del quale pure aveva subìto l'influenza tanto da definirsi "crociano" in un periodo della sua vita. Dal saggio emerge anche la distinzione tra i "due Gramsci": il primo, esclusivamente e solo uomo di partito, militante politico, i cui scritti, datati, sono oggi inattuali; il secondo, quello delle Lettere e dei Quaderni del carcere, è l'intellettuale, l'uomo di cultura, le cui riflessioni e pensieri, non legati direttamente alle urgenze partitiche, sono quelle di un "classico", che parla ancora alla contemporaneità.